Spesso ci capita, quando siamo in auto, di vedere il cartello con la scritta “Strada del vino e, ovviamente, il nostro pensiero va alla produzione tipica di quella fetta di territorio. Ma sappiamo cosa sia veramente una strada del vino?
La CEE ha promosso la costituzione delle "Strade del Vino e dei Sapori" all'interno di un programma di sostegno all'agricoltura, l'Italia ha recepito queste direttive con la legge 268/99, a sua volta la Regione Lombardia, con proprio atto ha riconosciuto le 8 Strade del Vino Lombarde.
In sintesi ecco di cosa si occupano le Strade del Vino:
valorizzare e promuovere in senso turistico le produzioni vitivinicolo ed agricole, le specialità enogastronomiche e le produzioni di economia ecocompatibile;
valorizzare le attrattive naturalistiche, storiche e culturali sul percorso della strada.
Ci sembrano motivi sufficienti per un viaggio per le Strade del Vino lombarde.
STRADA DEL VINO DEI COLLI LONGOBARDI
Sarà il nostro itinerario consigliato per questo mese. Siamo nel territorio di Brescia, gli organizzatori consigliano ben sei itinerari diversi dai nomi fascinosi che ci ricordano le gesta dei Longobardi, sono:
1. I paesaggi di Re Desiderio
2. Il Parco del Principe Adelchi
3. Le terre della Regina Ansa
4. Dolce e fiorita Ermengarda
5. Sulle orme della badessa Anselperga
6. Le colline di Re Rotari
Ognuno di questi itinerari può essere affrontato da soli, in auto ma anche in bicicletta, oppure ci si può affidare all'organizzazione (CTS Youth Point i Viaggi dei Giovani), che fornisce assistenza e delle varianti sui tempi, esperienze di mezza giornata, ma anche un giorno intero o due.
Ovvio cambiano i costi, che comprendono la guida a disposizione, gli ingressi a musei, dimore, palazzi, visita alle cantine con degustazione, eventualmente pranzo e cena.
La Strada del Vino dei Colli Longobardi con i suoi sei itinerari si snoda tra Brescia, Botticino, Rezzato, Montichiari, Montirone, Castenedola, Capriano del Colle, Poncarale, Fiero.
Vediamo gli obiettivi culturali. Castello Bonoris: costruito alla fine dell’800 su antichi ruderi di possedimenti Longobardi è un esempio di stile neogotico. Museo Lechi: prestigiosa esposizione di quadri e stampe della famiglia Lechi, circa 350 opere in 14 sale; si inizia dal 1400 al 1700 con esempi di scuola lombarda tra cui primeggiano Alessandro Bonvicino detto Moretto e Giacomo Ceruti detto Pitocchetto. Pinacoteca Pasinetti all'interno, lo dice il nome, oltre cento dipinti di Antonio Pasinetti sodale di Pelizza da Volpedo.
Museo Bergomi espone una preziosa selezione di reperti etnografici delle valli alpine e della pianura bresciana, circa seimila pezzi nella prima sezione, nella seconda le tecniche di lavorazione dei metalli e del legno con esposizione di strumenti storici ed introvabili.
Palazzo dell'archeologia: dopo uno straordinario lavoro di ricerca sul campo si possono vedere preziose testimonianze archeologiche che hanno fornito preziose informazioni sulla vita, gli usi e i costumi delle genti Longobarde. Pieve di San Pancrazio: uno dei monumenti in stile romanico meglio conservati; le origini si perdono nel tempo ma le prime testimonianze risalgono al XII secolo.
Museo delle mille miglia: situato all'interno del Monastero di Santa Eufemia, sorge alle porte di Brescia, è suddiviso in nove sezioni, per ciascuna pannelli descrittivi, impianti audiovisivi, immagini su schermo, filmati d'epoca e, ciliegina su di una torta già ottima, le macchine d'epoca che sono poi quelle che partecipano alle manifestazioni auto storiche. La visita di snoda seguendo una sorta di tappeto rosso che ci accompagnerà negli anni e ci presenterà i piloti, i loro bolidi, le curiosità.
Museo di Santa Giulia: sorto nel 753 d.c. per volontà di Desiderio Re dei Longobardi, sui resti di domus romane, ora il complesso è articolato su tre chiostri per una superficie di 12.000 mq ed una esposizione di 11.000 reperti che, partendo dalla preistoria, passando per l'età romana, poi quella Longobarda e Carolingia, arrivano fino all'età dei Comuni e delle Signorie.
Va bene la cultura, ma ora vediamo i vitigni, sono quasi tutti a frutto nero tranne il Trebbiano di Lugana il quale, a differenza di altri comunemente chiamati solo Lugana, è quello impiegato nella zona di Capriano del Colle. Questo vino è già noto dai tempi degli antichi romani, gli esperti ci dicono che ha delle somiglianze con il Verdicchio, ma la particolarità è che il terreno deve essere ricco di argilla ed altri minerali - terreni particolari che si compattano nei mesi caldi e diventano morbidi e melmosi in quelli freddi - il tutto accompagnato dalla brezza del lago spiega perché da centinaia di anni queste viti raccolgano grandi successi.
Parliamo ora del Botticino doc, vino prodotto nella così detta Valverde: terrazze scavate nella roccia a colpi di piccone. Qui dimorano vecchie viti che producono un ottimo vino di due tipologie, rosso e rosso riserva. Colore rosso rubino dai riflessi granata, profumo intenso e persistente, gusto asciutto equilibrato e morbido, questo vino è frutto di più vitigni: Barbera 30%, Schiava gentile 10%, Marzemino 20%, Sangiovese 10%. Poi abbiamo il Capriano del Colle, vino giovane e fruttato che sprigiona delicati profumi di frutti di bosco, colore rosso brillante con riflessi violacei. La particolarità è che in misura minore si ottiene anche del Capriano bianco proveniente al 60% da uve Trebbiano.
Ora vi state chiedendo, ma questi vinelli con cosa vengono accompagnati sulle mense bresciane? Giusto, vi daremo quindi solo le denominazioni di alcuni piatti tipici, ma ricchi di sapore pur essendo poveri. Ah, ovviamente non inseriamo la polenta, sarebbe scontato.
Allora ecco: Zuppa di Mariconde (gnocchi di pane raffermo), Minestra sporca (minestra di riso sporcata da rigaglie di gallina), Riso con virzuli (erbette che crescono spontanee in primavera), Zuppa di Barghe (minestra densa con strutto e salsa di pomodoro ma soprattutto ricca di funghi), Tortelli di zucca, Maccheroni del Garda (sugo a base di melanzana, peperone e cipolla; prima di servire andrà in forno con la patata grattugiata sopra con il parmigiano), Strangolapreti (ricetta di origine trentina, sarebbero gnocchi a base di pane raffermo e spinaci conditi con burro e salvia). Immancabilmente vi verranno proposti insaccati locali e l'aceto di miele come condimento a sorpresa.
Bene, la prossima puntata ci vedrà percorrere un'altra strada del vino lombarda.
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