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Passione per la montagna e la cucina tradizionale


Questo mese vi proponiamo una bella gita, sicuramente non faticosa (almeno la prima parte) e di sicuro gradimento. La nostra meta è il Colle del Ghisallo, un valico stradale che collega la Valassina con i monti del triangolo Lariano. Il valico è a quota 754 metri ed è ben noto a tutti i ciclisti per due motivi, il primo è che il giro d'Italia aveva, una volta, l'abitudine di passare di qui esattamente dalla strada che sale da Bellagio è che rappresenta il percorso più impegnativo per la pendenza da affrontare. Il secondo è che proprio sul valico troviamo il Santuario della Madonna del Ghisallo, intitolato alla Patrona dei ciclisti con annesso Museo del ciclismo e monumento al ciclista.

Ma andiamo con ordine, intanto il nome è dovuto ad un certo Ghisallo, nobiluomo locale che trovandosi in questo luogo venne aggredito da una banda di briganti noti e pericolosi, riuscendo a fuggire se pur inseguito fece voto alla Madonna di costruire una chiesa in suo onore se fosse scampato.

Per sua fortuna andò proprio così.

La chiesetta crebbe di importanza fin tanto che nel 1944 un parroco nativo di Mediglia, Don Ermelindo Viganò incontrando personalmente Papa Pio XII ottenne che la Beata Vergine del Ghisallo fosse Celeste Patrona dei Ciclisti Italiani, la dedicazione avvenne con una cerimonia singolare, infatti una fiaccola di bronzo partì da Roma con una staffetta di ciclisti per raggiungere il Santuario e gli ultimi due tedofori furono Gino Bartali e Fausto Coppi. La fiaccola è tuttora presente, accesa e visibile ai visitatori.

Nel frattempo tra i campioni del ciclismo iniziò la consuetudine di donare al Santuario testimonianze della loro vita sportiva, come le biciclette di Bartali, Coppi e Mercks, quella di Moser, numerose maglie rosa, gialle , iridate. Insomma il continuo arrivo di cimeli portò alla realizzazione di un museo, fu inaugurato nel 2006 con la presidenza assegnata al campione Fiorenzo Magni, si sviluppa su tre piani e, oltre ai cimeli, comprende una raccolta multimediale sul ciclismo, ma nella sala principale sono esposte più di 50 maglie rosa originali conquistate dagli anni 30 ad oggi.

Ma dal Passo del Ghisallo si aprono nuovi itinerari per rendere la gita più completa ed esclusiva, poi dipende da Voi, cioè se avete voglia di fare una bella camminata o preferite sedervi a tavola. Vediamo entrambe le possibilità. Per chi ha voglia di muoversi dal Ghisallo si può in auto raggiungere Piano Rancio, qui in zona (ma facilmente raggiungibile) si trova Villa Buttafava (1884) conosciuta anche come Villa Pietraluna, famosa perché nel parco sono presenti due importanti “erranti” cioè due misteriosi massi che, in epoca remota, furono trasportati verso valle dai ghiacciai. La particolarità è che questi massi sono decorati: il Sasso Sole con la raffigurazione del sole appunto, mentre la cosi detta Pietra Luna è in posizione tale da dominare la valle, e sul suo arrivo in quel posto la leggenda vuole fosse stato coinvolto anche il diavolo. Più realisticamente si pensa che la grande incisione a forma di mezzaluna sia attribuibile all'abate S. Ambrogio nell'anno 1585. A Piano Rancio si possono lasciare le auto presso gli impianti di risalita per iniziare la camminata verso Alpe Borgo e Monte Ponciv dopo circa mezz'ora vi troverete a Colma di Sormano qui avrete due percorsi, entrambi di circa 1 ora e 30 minuti tra incredibili sali scendi e panorami mozzafiato si può raggiungere Monte San Primo.

La montagna più alta della zona con i suoi 1685 metri, regala agli escursionisti un panorama che non ha eguali e che può spaziare per 360° per tutto l'arco alpino.

Ma occupiamoci ora dell' altro gruppo, quelli del andate pure a camminare noi ci fermiamo al rifugio. In questo caso la scelta pare egualmente azzeccata.

Infatti dal Santuario del Ghisallo si prosegue ancora in auto per circa 15 minuti fino ad uno spiazzo dove parcheggiare, da qui in circa mezz'ora si può raggiungere a piedi il Rifugio Martina.

Siamo in una zona nota come Alpe dei Picett per il gran numero di pettirossi presenti, dimora anticamente della famiglia Ticozzi che allevava gli animali per ottenere dell'ottimo latte che, a spalla, veniva poi portato a valle.

I Ticozzi divennero famosi perché ad ogni viandante che passasse di là non veniva a mancare un pezzo di polenta e formaggio e questo fino al 1928 quando Eligio Ticozzi ottenne di trasformare in ristoro la sua baita, usando prodotti a km 0 (come si direbbe ora) la fama del posto crebbe fino ad arrivare ai giorni nostri mantenendo lo stesso menu di allora e gli stessi metodi di preparazione.

La regina incontrastata della tavola è la Polenta Uncia, della cui incommensurabile bontà siamo testimoni diretti, che può essere accompagnata da capriolo, salsiccia, cervo, brasato, uova o formaggio.

Un piatto del genere vi basterà sicuramente accompagnato da vino locale e da un dolce alla fine, prima della rigorosa grappa.

La mezzoretta di cammino per scendere vi sembrerà perfino benedetta per darvi modo di digerire naturalmente.

Come avete visto una gita tranquilla, adatta a tutti (esclusa la salita a San Primo), di grande soddisfazione a pochi chilometri di distanza.

Alla prossima.

Massimo Turci

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