
E' di questi giorni la notizia di diversi cani che, a seguito della copiosa nevicata del 28 dicembre 2020 sono morti folgorati in Lombardia (a Milano, Cesano Boscone, Bareggio, Como): si tratta un fenomeno che avviene, a volte, a seguito delle nevicate: neve e ghiaccio finiscono all'interno dei tombini, formando così un «effetto ponte» per la corrente. La neve fa da conduttore, l'elettricità esce dal pozzetto. Così, i cani, passando sopra il manto stradale bagnato vicino al tombino, vengono colpiti da una violenta scarica che può provocarne la morte. Ferma la necessità di accertare preventivamente le responsabilità delle amministrazioni comunali per la cattiva e/o omessa manutenzione dei tombini e della rete elettrica (che a ben vedere avrebbe potuto cagionare danni gravi anche agli “umani”), si pone il problema della risarcibilità del danno che i padroni hanno subito a causa della perdita di un animale a cui sono molto legati. Per legge, tutte le volte in cui muore una persona a causa di un comportamento illecito altrui (ad esempio, a causa di un incidente stradale), i familiari più stretti hanno diritto a un risarcimento: risarcimento rapportato sia al danno economico da questi subìto (come succede, ad esempio, con tutte le persone che portano a casa un reddito), sia al danno morale (conseguente alla sofferenza per la perdita del caro).
Ora, se è vero che gli animali di compagnia diventano parte integrante della famiglia e che la loro perdita causa sempre un vuoto incolmabile, esiste un risarcimento per morte del cane e a quanto ammonta?
Se una persona dovesse investire un cane mentre, libero dal guinzaglio, sta attraversando la strada o se qualcuno dovesse dargli delle polpette avvelenate solo perché infastidito dal suo continuo abbaiare, sarebbe possibile richiedere un risarcimento?
La problematica è da sempre molto dibattuta e contrastata in giurisprudenza.
Il risarcimento del danno si compone, in via generale, di due grandi categorie:
- i danni economici (o, meglio, chiamati «danni patrimoniali») che consistono nella perdita del denaro causata dall'evento;
- i danni morali (o, meglio, chiamati «danni non patrimoniali») che consistono, invece, nella sofferenza (fisica o psicologica) conseguente all'evento.
Il discorso, in realtà, è molto più complesso ma, ai fini che qui rilevano, cerchiamo di rappresentare la questione per sommi capi. Per quanto riguarda il risarcimento dei danni economici per la morte del cane, la prima perdita subìta dal proprietario è chiaramente legata al valore dell'animale stesso, valore calcolabile sulla base del prezzo pagato per il suo acquisto. Si pensi a un cane con il pedigree. Ci sono poi i costi derivanti dalle cure (che, evidentemente, non hanno dato i buoni frutti): le cosiddette spese vive. Si pensi a un cane sotto terapia dal veterinario che poi non sia riuscito a sopravvivere. Un ulteriore danno economico per la perdita di un animale è quando quest'ultimo serve per produrre un reddito: si pensi a un cane di razza le cui cucciolate vengono vendute dall'allevatore; si pensi anche a un cavallo da corsa che viene utilizzato per le gare; a un bue che viene usato per produrre carne da macello, ecc. Per quanto riguarda, invece, il risarcimento dei danni morali per la morte del cane il problema è stato affrontato dalla giurisprudenza che si è vista chiedere se, la scomparsa dell'animale d'affezione, può generare un danno interiore, una sofferenza psichica, ritenuta risarcibile dal nostro ordinamento. Ad esempio, nel caso di semplice ferimento del cane, la Cassazione ha negato ogni risarcimento del danno morale. Si tratta infatti – a detta dei giudici – della lesione di un interesse, quello all'integrità fisica dell'animale, che non è tutelato dalla nostra Costituzione (abbiamo visto sopra, infatti, come i danni morali, secondo la giurisprudenza, vadano risarciti solo nei casi più gravi). Ciò, chiaramente, non toglie la possibilità di chiedere almeno il risarcimento per le spese mediche affrontate (medicine, veterinario, ecc.): i cosiddetti danni patrimoniali. Più controverso è, invece, il discorso in merito al risarcimento del danno morale per la morte del cane. Difatti, se è vero che il risarcimento del danno morale scatta solo in presenza di un reato o della lesione di un diritto costituzionale, a rigor di logica bisognerebbe così concludere:
- tutte le volte in cui la morte del cane deriva da un atto volontario e doloso, integrando così il reato di uccisione di animale, si ha sempre diritto al risarcimento;
- quando, invece, la morte del cane dipende da un comportamento non doloso, ma involontario (tecnicamente detto “colposo”), si dovrebbe escludere il risarcimento a meno che non si individui la lesione di un diritto costituzionale.
Una interessante sentenza di merito ha sancito il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale causato dalla morte del cane: si tratta, infatti, della lesione di un diritto inviolabile della persona umana tutelato dalla Costituzione. La tesi è stata seguita anche da altri tribunali. Insomma, il dibattito che ancora non è stato definito in modo definitivo dalla giurisprudenza è se il rapporto uomo-animale possa essere o meno compreso nei diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione.
Proprio questo richiamo ai diritti inviolabili ha lasciato aperto uno spiraglio nel quale si sono inseriti alcune pronunce dei giudici di merito che hanno riconosciuto ai proprietari il risarcimento del danno non patrimoniale a seguito della morte di un animale da affezione (ad esempio investito, azzannato da altro animale e così via). Il presupposto, secondo i magistrati, è la rilevanza costituzionale da riconoscere al legame affettivo con l'animale, ritenuto espressione delle attività realizzatrici della persona ed esplicazione della propria personalità ai sensi dell'art. 2 della Costituzione. Il Tribunale di Pavia (sentenza n. 1266/2016) ha riconosciuto il risarcimento del danno non patrimoniale al padrone di un cane, ucciso da un colpo di fucile proveniente da oltre la recinzione del fondo del padrone ove si trovava.
Escluso il danno patrimoniale, in quanto un cucciolo di cane meticcio nato in casa e senza alcun valore economico non avrebbe potuto cagionare una perdita economica ai suoi padroni, il giudice riconosce il danno non patrimoniale, ritenuto sussistente in quanto "conseguente alla lesione di un interesse della persona umana alla conservazione di una sfera di integrità affettiva costituzionalmente protetta".
Per il Giudice "è indubbio che nella realtà sociale è negli ultimi tempi emerso un interesse particolare nei confronti degli animali di affezione, che ormai nell'evoluzione del costume sono visti come integrati nell'ambito familiare e parte del contesto affettivo".
Anche il Tribunale di Vicenza, nella sentenza n. 24/2017, ha ritenuto che il rapporto con il cane non fosse paragonabile a quello con una "cosa", trattandosi di una relazione con esseri viventi che i padroni, nella maggior parte di casi, considerano membri della famiglia. Sicché, tale rapporto si sarebbe inserito in una di quelle attività realizzatrice della persona ex art. 2 della Costituzione.
Tuttavia, non si può affermare che sul punto la giurisprudenza sia pacifica. I magistrati continuano a essere divisi sulla risarcibilità ex 2059 c.c. del pregiudizio conseguente alla morte o lesione dell'animale, nonostante nel tempo anche il legislatore abbia recepito il mutamento della sensibilità collettiva attribuendo all'animale da affezione un rilievo maggiore rispetto a quello di una mera "res".
a cura di Avv. Dario De Pascale d.depascale@depascaleavvocati.it Tel. 02.54.57.601 Per qualsiasi approfondimento delle tematiche affrontate, vi invito a contattarmi ai recapiti sopra indicati.
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