A seguito della orribile vicenda di Giulia Cecchetin e del suo efferato omicidio ogni media italiano (che siano TV o giornali), ogni dibattito, ogni convegno hanno rilanciato con forza la questione della violenza spesso familiare nei confronti della donna. Anche noi non vorremmo sottrarci a questo obbligo morale, ma non crediamo di poter aggiungere nulla alle migliaia di parole spese, agli impegni presi, alle manifestazioni di volontà che si sono moltiplicate; vorremmo portare il discorso su un aspetto specifico, vorremmo approfondire e fornire informazioni ai nostri lettori così da essere, se possibile, attori e non solo spettatori di questo problema. In questo inizio di secolo si celebrano i progressi in ambito economico, politico e culturale raggiunti dalle donne in tutto il mondo.
Questo riconoscimento si basa su un principio universale che prescinde da divisioni, siano esse etniche, linguistiche, culturali, economiche o politiche. Poi si scende nel particolare e si scopre che le divisioni ci sono ad esempio per quanta riguarda la donna ed i suoi spostamenti fisici, infatti parleremo di
Mobilità della donna o gender mobility
Si perché uomini e donne si spostano con esigenze diverse, spesso quelle delle donne vengono trascurate. Come in tanti ambiti la diversità di stile di vita tra uomo e donna si riflette anche negli spostamenti, l'uomo nel 50% dei casi si sposta per lavoro, la donna per lavoro nel 30%, però la donna ha nel suo insieme una mobilità più complicata, infatti una quota importante degli spostamenti riguarda l'organizzazione della vita familiare, le donne in quantità nettamente superiore all'uomo si spostano per scuola figli, sport figli e spesa.
Anche l'utilizzo dei mezzi pubblici in Italia vede una maggioranza delle donne, rispetto all'uomo che usa il mezzo proprio, che preferiscono i mezzi pubblici per recarsi al lavoro. Fino ad ora abbiamo usato come parametro il nostro Paese, questi dati, punto più punto meno, valgono per tutto l'occidente, ma se andiamo in altre parti del mondo la situazione cambia.
In diversi paesi la mobilità delle donne è limitata, soprattutto nel Medioriente e nel Nord Africa. Basti pensare che in alcuni luoghi le donne non possono ancora oggi uscire di casa senza il permesso di un uomo e che a volte devono essere accompagnate. Alcuni stati come Algeria, Marocco, Tunisia hanno eliminato queste restrizioni ma in ben altri 15 paesi le leggi prevedono l'obbedienza totale al marito e l'uscire di casa o il viaggiare anche se per lavoro senza permesso del coniuge è considerato reato.
Più precisamente in Siria e nello Yemen le donne possono frequentare spazi pubblici solo se accompagnate o in grado di fornire alle autorità un documento che attesti l' approvazione dell' uomo allo spostamento.
In Arabia Saudita e ancora nello Yemen anche all'uscita dal carcere, una volta scontata una pena, le donne devono essere attesa da un uomo per tornare in libertà. Le università di Iran, Kuwait, Bahrain, Oman, Arabia Saudita EAU, per effettuare una gita chiedono alle donne un permesso di marito, padre o tutore. In alcuni Paesi come Algeria, Egitto, Gaza, Kuwait, Iraq alle donne single non è consentito vivere da sole o affittare un appartamento, negli stessi paesi anche gli alberghi non accettano donne single, solo l'Egitto giusto quest'anno ha emanato un regolamento più permissivo. E' chiaro quindi che queste limitazioni restringano di molto la possibilità di muoversi per una donna, ma veniamo alle auto, l'Arabia Saudita ha permesso alle donne di guidare dal 2018, e l'Oman di condurre un taxi, In molti Paesi anche il richiedere la patente necessita di autorizzazione maschile.
Anche i viaggi all'estero subiscono limitazioni, anche se molte autorità hanno modificato le regole estremamente restrittive, rimangano alcuni casi eclatanti, ad esempio in Iran anche per chiedere il passaporto è necessario un visto maschile, in Qatar l'uomo a 18 anni può spostarsi all'estero, la donna inferiore ai 25 deve avere il permesso. In Libia se una donna vuole viaggiare da sola deve indicare i motivi del viaggio, i dettagli ed il perché non vi sia un uomo.
La mobilità delle donne fuori dal mondo occidentale è quindi “caotica” ed in molti casi poco sostenibile in quanto influenzata da fattori quali l'accessibilità dei mezzi e la percezione della sicurezza.
Tuttavia i ruoli di genere sono costruzioni sociali che possono cambiare nel tempo, per lo meno dove l'attenzione genera delle dinamiche di cambiamento, nei Paesi del sud del mondo questa attenzione è molto scarsa per cui i cambiamenti sono ostacolati, senza parlare poi di quei Paesi gestiti da forze estremiste islamiche contrari ad ogni forma di “occidentalizzazione” della condizione della donna.
Questo fenomeno culturale è ancora molto sentito nei Paesi del Medioriente e del Nord Africa, che sono tra i Paesi che contribuiscono in modo maggiore all'emigrazione verso L' Europa. In Italia le politiche di integrazione devono necessariamente tenere conto anche dei progressi da noi ottenuti sulle parità di genere, cosa che una parte sostanziale e rilevante degli immigrati non sono disposti ad accettare, noi sosteniamo che garantire alle donne, alle ragazze, parità di accesso al lavoro, all' istruzione, alle cure mediche ma anche ai processi decisionali politici ed economici sia corretto e promuoverà economie sostenibili di cui potrebbe beneficiare l'intera umanità.
Però non riusciamo a spiegare queste cose a chi arriva dall' Africa subsahariana dove le bambine hanno difficoltà addirittura ad accedere alla scuola primaria. Anzi 1/3 dei Paesi in via di sviluppo non prevede la parità di genere nell'istruzione primaria.
In Italia circa 1.200.000 persone provengono dal Medioriente e dal Nord Africa e sono regolari a tutti gli effetti, non si sa con certezza quanti dei circa 700/ 800.000 clandestini provengano da quei Paesi, sarà quindi utile che le politiche di integrazione tengano conto non solo della disponibilità ad accettare regole di convivenza basate sul lavoro e sulla socialità, ma anche sul rispetto del ruolo della donna e della sua emancipazione attraverso gli obiettivi di sviluppo stabiliti dalle Nazioni Unite.
In Italia abbiamo applicato una legislazione seria per la promozione e l'attuazione della parità di genere, ovviamente molti altri passi ci attendono, ma il fenomeno dei femminicidi attende alla sfera privata e, per fortuna, non a quella pubblica che giustamente si indigna, piange, e chiede giustizia.
In molti dei Paesi che si affacciano verso l'Italia molte forme di discriminazione riguardano la sfera pubblica prima di quella privata, è un fenomeno culturale che l'Italia non può gestire quindi chi protesta, giustamente, per difendere le donne italiane ricordi che bisogna porre fine ovunque ad ogni forma di discriminazione nei confronti di donne e ragazze.
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