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La Scuola deve formare la personalità, NON IMPORRE QUELLA DI ALTRI.

Diceva Einrich Boll : Forse non è a scuola che impariamo la vita, ma lungo la strada che porta a scuola”. Il cui significato è, chiaramente, che i fattori che ti fanno da mentore nel percorso della vita sono la famiglia, le esperienze, gli amori, le gioie le sofferenze, ma sopra tutto la tua capacità di pensare e di fare scelte in autonomia. Noi pensiamo che il grande compito della scuola sia di fornire ai ragazzi gli strumenti necessari a sviluppare un proprio pensiero, accompagnarli nella crescita senza mai interferire con le scelte, i pensieri, le decisioni.

Poi scopri che, ogni tanto, ci sono scuole che anziché sviluppare la capacità di pensare decidono per te quali sono le risposte giuste e quelle sbagliate, scelgono al posto tuo o della tua famiglia cosa sia più opportuno o corretto.

Ci riferiamo ad esempio a quelle insegnanti che a Natale decidono di eliminare ogni riferimento alla nascita di nostro Signore per non offendere la sensibilità dei bimbi musulmani, creando disagio a 28 bambini per non ferirne due, che non sarebbero comunque feriti, perché il Natale va spiegato, come fenomeno d' amore, come attimo di pace, bisogna spiegare che un bambino che nasce non è e non sarà mai motivo di offesa per nessuna religione, bisogna anche spiegare che la cultura del rispetto nasce non nascondendo, ma riconoscendo la bellezza del conoscere culture diverse. Purtroppo anche a Peschiera ci segnalano possibili casi di prevaricazione del pensiero “di chi decide” (insegnanti dirigenti) su chi “dovrebbe subire” (alunni famiglie). Succede che in occasione della fine dell'anno all'Istituto all' Istituto Comprensivo De Andrè invece che celebrare la conclusione di un anno, per tanti motivi difficile, con una festa che ricordi i tanti motivi per cui siamo più forti se marciamo uniti, che esalti il concetto di pace e riappacificazione, che sottolinei i motivi e le ragioni per cui è importante trovare gli stimoli per andare d'accordo non quelli per dividersi.

Ecco che si cerca di imporre come momento comune il cantare insieme “Bella ciao”, nella mente delle persone che propongono questa iniziativa è evidente la volontà di dividere, riproponendo temi vecchi e che hanno già diviso il Paese, probabilmente con la stessa triste vocazione. Badate bene il problema non è tanto che questa canzone sia considerata slogan di una parte politica, ma il fatto che si imponga questa scelta, che non sia lasciata libera la mente ma che venga imposta una strada predefinita. Il discorso varrebbe anche nel caso opposto. Queste persone, maestre non di vita ma di faziosità, si trovano in tutti gli schieramenti, ma è compito della scuola fare sì che non prevalgano e trovare ciò che accumuna e non divida. Ai miei tempi si cantava la “Canzone del Piave” perché riportava allo spirito di una Italia unita dove ognuno sentiva il bisogno di fare fronte comune contro un nemico che ora si potrebbe chiamare pandemia, miseria, disoccupazione. I tempi sono cambiati e forse il Piave non tira più…ma ci sono 100 canzoni che i ragazzi preferirebbero cantare, pezzi nuovi, altri ritmi, altre melodie che meglio rappresentano il loro vissuto, le loro aspettative dalla vita. Poi volendo c'è un pezzo che dovrebbe rappresentarci tutti e sempre, che è il nostro inno nazionale, quello che non a caso si canta con una mano sul cuore.


Il nostro interesse per la vicenda nasce dalle rimostranze di alcune famiglie in palese disaccordo con questa imposizione. Ci è già stato anticipato l'invio di richieste di spiegazioni all'Ufficio Scolastico Territoriale ed all' Organismo Indipendente di Valutazione presso il Ministro della Pubblica Istruzione. Vi terremo informati.

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