In un mondo normale la campagna elettorale dovrebbe servire per capire le idee, vedere i programmi, sentire con le proprie orecchie le parole dei candidati.
Nei primi giorni di campagna a Peschiera abbiamo notato che per i programmi non sono stati fatti grossi sforzi (tranne uno di 48 pagine pensate una ad una, non lungo ma completo), le solite pronunciazioni di buona volontà i faremo e bisognerà fare, mentre i programmi, quelli veri, dovrebbero essere fatti sulla fattibilità delle idee, presentando quindi solo progetti che per compatibilità ambientale, valore sociale, fondi reperibili, utilità siamo realmente realizzabili. Se no si chiama libro delle favole. Poi abbiamo notato che esiste sempre lo sport nazionale, no non il calcio, ma il parlar male degli altri.
Il cercare il neo, il buttare li la calunnia sperando che giri, il non confrontarsi sui fatti ma sulle supposizioni. Ovviamente l'obiettivo preferito è il candidato più forte, quello che ha già dimostrato di avere più professionalità, più grinta, più valore aggiunto.
Poi abbiamo i comportamenti che danno la misura delle persone. Esiste una coalizione che ha scelto di confrontarsi sul futuro della città senza chiedere alle persone la carta d'identità ideologica, quindi si sono ritrovate persone di destra e di sinistra, cattolici ed atei, per pensare alla Peschiera di domani, ma tutto questo senza nascondersi ma al contrario alla luce del sole, mettendo le carte in tavola.
Poi c'è chi critica questa scelta probabilmente legati a vecchi modi di pensare la politica, ideologicamente fermi al secolo scorso, per poi trovare accordi sottobanco, per brindare di sera in un bar ad alleanze sconfessate ed abiurate di giorno. C'è perfino un candidato che ammette nella propria propaganda di voler proseguire il lavoro del sindaco uscente contraddicendo la sua forza politica ed il suo imbarazzatissimo candidato sindaco.
Va bè, questo passa il convento, ma al momento del voto c'è la possibilità di scegliere e di solito si sceglie il meglio che il mercato possa offrire.
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