ADDA – TRA CASTELLI, DRAGHI E RASPADURA
- improntaredazione
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LA CITTÀ. Questo mese la gita ci porta a pochi km. da casa, andiamo dove scorre l'Adda, il quarto fiume d'Italia per lunghezza 313 km. attraversa 8 province, passa per il Parco Nazionale dello Stelvio, i Parchi Adda Nord e Sud e l'Ecomuseo Adda di Leonardo. E' ricco di capolavori di archeologia industriale, sono 7 le centrali idroelettriche visibili dal fiume, in alcuni tratti navigabile e… ci sono anche le leggende. In queste righe coglieremo solo alcuni dei tanti aspetti che il fiume propone, ad esempio Pizzighettone che è attraversata e legata all'Adda, anzi nell' antichità qui si trovò un guado che consentiva un attraversamento più sicuro e qui si realizzò il primo insediamento, siamo al tempo dei Celti.
Poi arrivarono i romani , un centro abitato una piazzaforte e il nome di Acerrae, mentre il nome Pizzighettone arrivò nel Medioevo, più famiglie e la chiesa si alternarono al potere ad esempio le famiglie milanesi Vismara, Visconti e Sforza, le signorie di Cremona Cavalcabò e Fondulo ma anche la Repubblica di Venezia, gli Asburgo di Spagna e Austria, i Borbone, i Savoia e perfino Napoleone Bonaparte. Insomma tanta storia è passata di qui e bastioni, edifici, palazzi e chiese l testimoniano ampiamente. Vediamone alcuni: le fortificazioni con una cinta muraria risalente al XV secolo, le cui prime difese sono rimaste praticamente intatte e nell'attuale Parco del Rivellino troviamo i baluardi per resistere all' artiglieria. Le casematte costruite nel 1700 dagli austriaci e considerate per l'epoca a prova di bomba insomma dei bunker dei tempi passati, ma poi realizzarono anche 4 polveriere di cui due sopravvissute. Sul lato nord delle mura ancora due casematte trasformate nel tempo in prigioni di cui parleremo tra poco.
Altro monumento è sicuramente il castello, la cui costruzione risale al XII secolo, imponente fortezza di cui rimangono due splendide torri una, la torre del Guado, ospitò, se così si può dire, il Re di Francia Francesco I°. Ma poi le chiese come la parrocchiale di San Bassano Vescovo che ospita una crocifissione del 1545 opera di Bernardo Campi e un fonte battesimale in pregiato marmo rosso del 1599. Ma veniamo al Museo delle Prigioni, aperto nel 1785 fu il primo ergastolo della Lombardia in pratica un carcere giudiziario , cameroni umidi, privi di servizi igienici, ognuno ospitava trenta persone e divenne anche un carcere militare, da qui la temuta minaccia “ti mando a Pizzighettone”. Vi erano poi le celle di isolamento due metri per uno, poca luce, tavolacci di legno, un buiolo per i bisogni e su questi muri ancora visibili le scritte dei detenuti, tra queste leggiamo “ l'amore è forza, l'odio è ruggine – sono innocente – mamma tornerò) . Funzionò anche durante la seconda guerra mondiale per poi divenire nel 1946 una succursale del milanese San Vittore, e qui negli anni si alternarono anche ospiti famosi come l'ultimo Federale Fascista di Milano Vincenzo Costa, Gino Rossetti detto lo Zoppo, Ezio barbieri e le loro bande, ma anche Renato Vallanzasca. Ora come dicevamo è stato ricavato un museo che parte dal periodo austriaco per arrivare al secondo dopoguerra, con documenti, reperti e armi.
LA LEGGENDA. Tanto tempo fa nel cuore del Medio Evo, a seguito di una alluvione, nel territorio compreso tra Cremona e Lodi si creò un lago di acqua salmastra, con paludi e acque stagnanti, frequente la nebbia il suo nome era Lago Gerundo. Ne parlò anche Plinio il Vecchio ma balzò alle cronache solo dopo la morte del Vescovo di Milano Ambrogio perché sembra che in questo luogo vivesse un drago, spaventoso nell' aspetto, di carattere difficile basti pensare che rovesciava e distruggeva le barche , con il suo fiato pestilenziale poteva inquinare l'aria e anche causare brutte malattie, in più aveva anche l'abitudine di nutrirsi di carne umana. Insomma un mostro di Lochness lombardo e sicuramente più presente e cattivo di quello Scozzese. Pare che il mostro sia stato generato dai resti del condottiero Ezzelino da Romano, di origine germanica venne soprannominato il terribile per la ferocia e la crudeltà, insomma dai suoi resti nacque una creatura enorme, dotata di ali, sei zampe, artigli affilati, una lunga coda, la pelle spessa e verde e, giova ripeterlo, l'alito pestilenziale. Tarantasio (così venne chiamato) mise casa su di un isolotto, da lì partivano le sue spedizioni per distruggere barche e sfamarsi nel suo menu come piatto preferito c'erano i bambini. Insomma la popolazione viveva nel terrore e la paura che incuteva era tale che nessuno osava affrontarlo. Tentarono San Cristoforo che propose di prosciugare il lago per accedere più facilmente al drago. Poi San Colombano convocato dal Re longobardo Agilulfo. Poi Federico Barbarossa , tutti con esito negativo, alla fine giunse il nobile Uberto Visconti che protetto da una pesante armatura e ben armato si avventurò verso il lago pronto alla battaglia. Lungo le sponde avverti il famoso odore insopportabile segno che il drago era vicino e infatti emerse dalle acque torbide , lo scontro fu violento ma la lancia di Uberto centrò il cuore del mostro che crollò nelle acque del lago e, in seguito il corpo venne recuperato dalle acque mentre giustamente Uberto tornò vittorioso a festeggiare. Per festeggiare questa impresa Uberto fece scolpire nello stemma della sua famiglia l'immagine di un drago che divora un bambino, simbolo che rimase nei secoli ed entrò nella memoria collettiva. Ma e il drago? Il corpo venne sepolto sull'isolotto Achilli, dove in parte, sempre secondo la leggenda riposi ancora, ma lo scheletro venne conservato fino al XVIII presso la chiesa di Sant'Andrea a Lodi ma alcune ossa soprattutto costole di grandi dimensioni (bè era un drago) sono tutt'oggi conservate e visibili ad esempio a San Bassiano a Pizzighettone sotto la volta della sacrestia. Poi nella chiesa di San Giorgio in Lemine (Bergamo) e nel Santuario della Natività della Vergine a Sombreno , queste ultime ossa furono oggetti di studi tanto che vennero attribuite addirittura ad un esemplare di mammuth mentre nel 2018 con un esame al carbonio 14 sarebbero attribuite ad una balena del XV/XVI secolo; ma ora la domanda è come ha fatto un osso di balena ad arrivare a Sombreno e poi perché? Insomma la leggenda si infittisce.
FINALMENTE A TAVOLA.
Prima un pochino di storia fino a pochi anni fa avevamo tre tipi di pane; il pane bianco di frumento per chi poteva permetterselo, il pane nero di segale e il pan belota pane giallo di granoturco in caso di necessità. Ancora oggi è possibile trovarlo come prodotto amatoriale mentre il dolce storico era un croccante di mandorle chiamato el duro.
Ovviamente quella del torrone è una tradizione riveniente dalla vicina Cremona ma a Pizzighettone inventarono il torrone di gelato o el turon glassè tutt'ora sul mercato. Ma veniamo ad una importante manifestazione enogastronomica tipica di questi giorni quando si può gustare il Fasulin d el'oc cun le cudeghe , piatto tradizionale dei giorni dei defunti a base fi fagioli dall' occhio e cotiche di maiale in umido servito in scodelle fumanti con pane fresco e vino novello. A tavola non può mancare la raspadura morbide nuvole di formaggio raspate dalla forma di grana. E via coi piatti tipici: Pes en carpiòn. Antipasto primaverile a base di piccoli pesci d'acqua dolce (tipicamente ghiozzi, cobite e lamprede), fritti e successivamente macerati in acqua e aceto con l'aggiunta di cipolla, aglio e prezzemolo. È un antipasto tipicamente autunnale, preparato col sangue fresco di oca, anatra o tacchina, che viene battuto per impedirne la coagulazione e mescolato con burro, panna e latte. L'impasto – a cui vengono aggiunti successivamente formaggio grana, pane e amaretti grattugiati, oltre a sale, pepe e noce moscata – viene cotto con sugna di maiale e servito caldo. Mazzetto di "urtìš" (cime di luppolo selvatico) .Fritada cun le urtìš. Frittata sottile preparata con le cime del luppolo selvatico ("urtìš" in dialetto lodigiano) che cresce tra aprile e maggio. Da servire fredda come antipasto. Fritada en carpiòn. Si tratta di un tipico antipasto estivo: è una frittata a base di carne di vitello e verdure lessate, da servirsi fredda con un "carpione" di cipolle fritte e macerate in acqua e aceto. Fritadine. Piatto caldo di frittate guarnite con raspadüra, burro e Granone Lodigiano (grattugiato a grana grossa) gratinato. Ciudìn sut'oli. Antipasto a base di funghi chiodini e prataioli, bolliti nell'aceto e conditi con sale, pepe, cannella, aglio, foglie di alloro, chiodi di garofano e olio d'oliva. Che dite direi che un salto da queste parti sia necessario ma attenti all'alito del drago
Massimo Turci




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