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SOCIAL o NO SOCIAL, questo è ii dilemma ...

improntaredazione



Molto tempo fa, mentre correvano i dinosauri – ed io correvo felice in mezzo a loro – la parola “social” nemmeno esisteva e anche socializzare era un verbo usato solo da sparuti e irriducibili intellettuali. Si diceva, molto più semplicemente, stare insieme e ... poteva significare molte cose: incontrarsi con gli amici, vivere un rapporto amoroso, far parte dello stesso gruppo, frequentare la stessa classe e molto, molto altro ancora. Poi, trent'anni prima della pandemia, alla fine degli anni '90, comparvero i primi social network che crebbero sempre più velocemente fino all'esplosione di Facebook, Instagram e similari. Ora come ora, il dibattito vede due interpreti in primo piano: l'assalto a Capitol Hill e le risse giovanili organizzate via social. Sorvolo volentieri il primo tema; non mi ha sorpreso quell'azione, d'altro canto la tradizione da ultima frontiera degli americani, dalla decimazione degli ultimi nativi (Apache, Sioux, Cheyenne, ecc.) al muro di Tijuana, può vantare una variegata e consolidata tradizione. Mi interrogo invece sulle risse convocate via social da TikTok, Telegram, Twitch e compagnia cantante; a metà strada fra bullismo e Gomorra, nel segno della vendetta per un'offesa o per uno screzio, secondo il costume – italianissimo e mai sopito - del “delitto d'onore”. Su questa vicenda si stanno esprimendo due scuole di pensiero; chi assegna parte della colpa alla prolungata segregazione/ frustrazione da Covid, chi indica la latitanza di padri e madri e la conseguente assenza di un nutrito numero di ceffoni. Ci possono stare ambedue ma, ce n'è anche una terza, e questa fa da sfondo: il senso di onnipotenza in cui sono cresciuti (ahimè, abbiamo cresciuto) i nostri giovani. Cosa c'è di più semplice per chi è stato allevato come un principe ereditario (vale anche per le principesse) a cui tutto è consentito, che ingaggiare una rissa su due piedi? Se la massima aspirazione esistenziale è farsi un selfie sui Navigli e possedere l'ultimo smartphone, la vita e l'incolumità degli altri vale meno di zero. Per carità non è il caso di generalizzare, non tutti i giovani sono così; c'è chi sente veramente e innocentemente la mancanza dello stare insieme e, anche i meno affezionati allo studio (udite, udite) soffrono l'assenza della lezione in classe ... E noi cosa rispondiamo? Siate responsabili e ... state a casa! Mentre tutta l'Europa continua a chiamare le misure finanziarie contro l'impatto devastante del coronavirus col nome di Next generation EU, rivolgendo – almeno nominalmente – l'attenzione nei confronti delle prossime generazioni, noi con buona pace di chi ancora non vota, lo chiamiamo Recovery Fund (“fondo di recupero” tanto utile per foraggiare le clientele passate, presenti e future). Mentre in un batter d'occhio il biglietto della Metro passa ad 1,50 a 2,00 euro, dieci mesi non sono stati sufficienti a potenziare i trasporti quindi, ragazzi (quando e come si potrà), tornerete a scuola: tu alle 8:00, tu alle 9:00, tu alle 10:30 ... metà per volta e distanziati.

 
 
 

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