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PSICOLOGICAMENTE PARLANDO ...

IL SOSTEGNO PSICOLOGICO NELLA CURA DEL PAZIENTE ONCOLOGICO

La diagnosi di tumore rappresenta sempre per il paziente e i suoi familiari una comunicazione sconvolgente, che investe ogni aspetto della propria vita: dal rapporto col proprio corpo, al significato attribuito alla sofferenza, sia fisica che psichica, e alla malattia. Anche le relazioni sociali e professionali sono interessate da tale sconvolgimento. La scoperta del tumore è spesso vissuta come un'aggressione al proprio corpo e alla propria identità psicofisica. La malattia neoplastica innesca una crisi, un distress emozionale, definito come “un'esperienza multifattoriale, emozionalmente spiacevole, di natura psicologica, sociale e/o spirituale che può interferire con l'abilità di affrontare efficacemente il cancro, i suoi sintomi fisici e il suo trattamento” (National Comprehensive Cancer Network, 2003). Le reazioni possibili si collocano lungo un continuum, ai cui estremi troviamo da un lato le sensazioni di paura, vulnerabilità, impotenza, tristezza e dall'altro condizioni più debilitanti come panico, ansia, depressione, isolamento sociale. Queste ultime condizioni rischiano di compromettere il benessere del paziente, il grado di aderenza al trattamento (compliance) e, quindi, l'efficacia della cura. Non vanno, pertanto, sottovalutate e necessitano di uno specifico intervento professionale.

Per proteggersi dall'angoscia, rabbia e disperazione che prova, il paziente può ricorrere a meccanismi di difesa quali la negazione, la regressione a comportamenti infantili, la proiezione (ossia attribuisce ai medici e ai propri cari la causa della malattia e dirige la propria aggressività verso di loro), l'isolamento delle emozioni dai fatti (ad es. parla della diagnosi con indifferenza) e difese maniacali (ad es. non sono mai stato meglio). Tali difese possono diminuire la compliance terapeutica e avrebbero bisogno di essere riconosciute ed affrontate all'interno di un trattamento psicoterapeutico.

Come scrive la SIPO, Società Italiana di Psiconcologia “l'intervento psicologico è finalizzato a promuovere, migliorare e sostenere l'adattamento alla malattia oncologica quale evento traumatico che destabilizza la vita di una persona e il suo equilibrio psicofisico”. L'adattamento alla malattia ed ai trattamenti dipende molto dalla qualità dell'approccio relazionale dell'equipe curante. Il sostegno sociale rappresenta un elemento essenziale dell'approccio multidisciplinare al cancro e rientra nelle responsabilità di ciascuna figura terapeutica che compone l'equipe, non solo dello psicologo. E' necessaria una presa in carico individualizzata del paziente, che preveda un'attenta valutazione dei suoi bisogni, delle risorse familiari e sociali di cui può disporre, nonchè la valutazione degli stati di depressione e ansia. Il trattamento del paziente oncologico deve mirare a migliorarne la qualità della vita, limitare il rischio di conseguenze psicopatologiche e favorire la resilienza per un nuovo equilibrio.Nella pratica, purtroppo, non sempre le cose vanno così. Secondo un recente sondaggio che ha coinvolto circa 4000 pazienti affetti da diversi tipi di tumore in 10 paesi, tra cui l'Italia, un malato di cancro su tre non ha accesso a un supporto psicologico, anche se pensa di averne bisogno. Il rapporto del 2019 di All. Can International cancer initiative (alleanza internazionale che si occupa di elaborare strategie per accrescere l'efficacia delle terapie oncologiche) riporta, infatti, che quasi sette intervistati su dieci hanno affermato di avere o di aver avuto bisogno di assistenza psicologica durante o dopo le cure, ma oltre un terzo di loro ha dichiarato che tale assistenza non era “disponibile”. In Italia questo dato è al 25%, ossia è un malato su quattro a non disporne. Resta ancora molto da fare per colmare questo gap.


Dr.ssa Stefania Arcaini

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