Nel pensare al titolo da dare a questo articolo, mi è tornato in mente un bellissimo film di qualche anno fa “Lost in translation” (che letteralmente potrebbe essere tradotto in “perso nella traduzione”). Pensando alle difficoltà che bambini e ragazzi si trovano ad affrontare con la modalità a distanza della didattica, mi sembra che l'impressione possa essere quella di sentirsi persi e disorientati, anche nel senso di essere persi di vista, da parte di adulti che, di fronte all'emergenza pandemica da Covid 19, ricorrono ripetutamente alla chiusura della scuola come misura di prevenzione del contagio. Dopo un anno di DAD, da molte fonti viene segnalato che il fenomeno della dispersione scolastica è in preoccupante aumento.
Mi sembra importante precisare che con il termine “dispersione”, non si intende solo l' abbandono scolastico, bensì si fa riferimento all'insieme di fattori che prolungano o interrompono il normale iter scolastico (mancata iscrizione; evasione dell'obbligo; frequenze irregolari; bocciature e abbandoni). Si tratta di un fenomeno complesso e difficilmente quantificabile.
Nell'indagine “I giovani ai tempi del Coronavirus”, condotta da IPSOS per Save the Children, il 28% degli studenti dichiara che almeno un loro compagno di classe dal lockdown della scorsa primavera ad oggi avrebbe smesso di frequentare le lezioni.
Secondo gli adolescenti che hanno preso parte all' intervista, tra le cause principali delle assenze dalla DAD, vi sono da un lato la difficoltà tecnica di connettersi in rete e, dall'altro, la difficoltà a concentrarsi nel seguire le lezioni dietro uno schermo.
Aspetti problematici che si riflettono sia sulla loro preparazione scolastica (il 35% degli studenti si sente più impreparato di quando andava a scuola in presenza) sia sulla motivazione allo studio (il 37% del campione di studenti dichiara di avere avuto ripercussioni negative sulla capacità di studiare). L'impatto è stato particolarmente intenso per quei ragazzi che presentano disturbi dell'apprendimento e bisogni educativi speciali, le cui difficoltà spesso non hanno trovato risposte sufficientemente adeguate con la DAD.
Nella situazione attuale, inoltre, i ragazzi sentono di non avere voce in capitolo nelle scelte per il contrasto alla diffusione del Covid (il 65% del campione è convinto di pagare in prima persona per l'incapacità degli adulti a gestire la pandemia e il 43% si sente accusato da parte degli adulti di essere tra i principali diffusori del contagio).
In base ai dati raccolti, Save the Children stima che, entro fine anno, la dispersione potrebbe riguardare circa 34 mila studenti delle scuole secondarie di secondo grado. Delusi e scoraggiati, i giovani corrono il rischio di disinvestire emotivamente la scuola, nonché di sviluppare scarsa fiducia nelle proprie possibilità e di non provare piacere nell'usare il proprio pensiero, nell'apprendere. Si capisce come tutto questo possa avere ripercussioni importanti per il loro futuro. Il disinvestimento è un segno di disagio, che andrebbe colto tempestivamente.
Matteo Lancini, psicoterapeuta e presidente della Fondazione Minotauro, sottolinea che “Quello che è mancato agli studenti non è tanto il ritardo degli apprendimenti, perché ci sono professori che stanno facendo lezioni in Dad davvero straordinarie, di gran lunga migliori di alcune lezioni fatte in presenza, ma la relazione con i docenti e soprattutto i compagni.
Dr.ssa Stefania Arcaini
Rubrica dedicata a tematiche psicologiche, a cura della dottoressa Stefania Arcaini, psicologa e psicoterapeuta specializzata nella psicoterapia di adolescenti e adulti. Per suggerire temi da affrontare scrivetemi: arcainistefania@gmail.com
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