di Greta Conca
Ci sono diverse teorie che vanno a descrivere il rapporto tra i giovani e i social network.
Alcuni, le menti più positive, pensano che questi siano utili per accorciare le distanze tra persone che non possono vedersi (come si è rivelato durante questa pandemia) e che sia una normale evoluzione della comunicazione tradizionale.
Altre menti, quelle più complottiste, pensano che i social network siano una strategia per uniformare gli utenti e indirizzare, tramite strategie di marketing mirate, a compiere scelte già stabilite.
Altre ancora, quelle negative, si esprimono valutando le piattaforme social come qualcosa che ha distrutto la comunicazione, riducendo al superficiale le relazioni fisiche e i valori sociali. Ma si sa, la verità sta sempre nel mezzo..
Se da un lato è vero che permettono la comunicazione tra persone lontane, dall'altro si assiste ad una sorta di vetrinizzazione sociale.
Di fatti, come spiegato bene dal sociologo italiano Vanni Codeluppi, la maggior parte degli utenti dei social network ci tengono molto ad apparire le persone che vorrebbero essere, cercando di mostrare la versione migliore di se stessi.
Potrebbe sembrare anche una cosa positiva se il tutto non si svolgesse solamente nell' online.
Nel 2017 è stata resa pubblica una ricerca svolta dall'osservatorio Nazionale dell' adolescenza fatta su 11.500 ragazzi tra gli 11 e i 19 anni. Da questa ricerca emerge che il 15% dei partecipanti trascorre più di 10 ore al giorno sui social network.
I giovani di oggi sono abituati a condividere con coetanei la propria vita quotidiana, fotografando il caffè al bar alla mattina o rappresentando un' emozione.
Il concetto di condivisione si sta invertendo e sembra quasi che si debba riempire la propria vita di caffè al bar ed emozioni per il semplice “farlo vedere agli altri”, perdendo del tutto l'autenticità di un' emozione e quindi vetrinizzando un' esperienza.
Le piattaforme social, però, non rappresentano la realtà oggettiva bensì riescono, tramite algoritmi, a proporre argomenti personalizzati in base alle nostre ricerche.
Se da un lato permette la focalizzazione sugli argomenti che ricerchiamo, dall'altro si concretizza il concetto della Bubble Democracy, ideato da Damiano Palano, docente di filosofia politica e direttore della facoltà di scienze politiche presso la Università del Sacro Cuore.
Questo concetto definisce una nuova realtà in cui il pubblico si dissolve in bolle autoreferenziali all'interno delle quali vengono rafforzati i meccanismi di polarizzazione.
Se su questo si basa la realtà di ognuno di noi, forse è il momento di spegnere il cellulare ed uscire a parlare con qualcuno che ci vuole bene. La vita è tutta un'altra cosa.
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